L’abito metamorfico: è la Fashion Revolution di CANGIARI
CANGIARI lancia la sfida della trasformabilità del capo nella nuova capsule modulare progettata da Denise Bonapace. Una trasformabilità non solo funzionale, ma concepita by design, grazie al riposizionamento di dettagli che diventano elementi progettati per costruire e destrutturare il capo, che acquista così diverse identità. Ne è un esempio la raffinata gonna in seta bio con la fusciacca di tessuto a mano che può essere usata come cintura o diventare top, trasformando la gonna in abito da sera. Un abito metamorfico.
La proposta nasce dall’identità di CANGIARI, indissolubilmente legata alla sostenibilità sociale ed ambientale. CANGIARI (cambiare in idioma calabrese) anche nel nome porta la volontà di modificare la rotta rispetto ad un’economia basata sul profitto ad ogni costo, spesso cieca di fronte alle responsabilità verso i lavoratori e l’ecosistema. Il modello fast fashion, basato sulla produzione a basso costo di capi con un ciclo di vita molto breve, produce quantità molto superiori a quanto effettivamente riesce ad essere venduto. Ogni anno, vengono buttati via 73 milioni di tonnellate di abiti. Per ogni chilo di vestiti in cotone si consumano 11.000 litri d’acqua (oltre a pesticidi e fertilizzanti) e si emettono 23 kg di anidride carbonica nell’atmosfera.
Spesso, dietro una t-shirt a basso costo, ci sono operai sottopagati che lavorano in condizioni di scarsa sicurezza e salute in paesi in via di sviluppo. Il crollo del centro commerciale di Rana Plaza, in Bangladesh, il 24 aprile 2013, che ha causato oltre 1000 morti, ha mostrato al mondo il vero costo dell’industria tessile. Dall’indignazione per il più grande disastro dell’età moderna nel settore, è nato il movimento globale Fashion Revolution, che attraverso la campagna #Whomademyclothes?, ovvero “Chi ha fatto i miei vestiti?”, chiede trasparenza sui materiali e la filiera produttiva ai brand di moda.
CANGIARI risponde alla domanda fin dalla sua nascita, nel 2009, con scelte precise: tessuti esclusivamente biologici, ovvero derivati da fibre coltivate senza l’utilizzo di prodotti chimici e una filiera certificata in tutti i processi di produzione. Filiera totalmente made in Italy, che include al lavoro le fasce più deboli e opera all’interno del percorso di riscatto del proprio territorio portato avanti da GOEL - Gruppo Cooperativo, proprietario del marchio.
Dopo la proposta lanciata nel 2017 all’interno della linea La Sposa Etica CANGIARI, di riutilizzo dell’abito da sposa attraverso la colorazione biologica, che fa rinascere l’abito col ciclo di vita più breve per definizione, ecco la provocazione dell’abito metamorfico, per sensibilizzare sulla necessità di consumare meno, consumare meglio, e in maniera intelligente. Perché la bellezza non ammette sfruttamento e la rivoluzione nella moda passa attraverso la consapevolezza e la responsabilità di ciascuno di noi.
Ph. Ivan Genasi